L’implantologia è la branca dell’odontoiatria che si occupa della sostituzione dei denti mancanti mediante l’inserimento nell’osso mandibolare o mascellare di impianti (radici artificiali in titanio), sui quali vengono costruiti nuovi denti in ceramica o metallo ceramica. L’osso cresce a diretto contatto con la superficie implantare e questo fenomeno, che prende il nome di osteointegrazione, permette agli impianti di diventare parte integrante del corpo, come lo sono le radici dei denti naturali.
L’implantologia
1. permette il mantenimento dell’integrità dei denti adiacenti alla zona edentula (senza denti), evitando di protesizzare (ricoprire con denti artificiali in ceramica) ed eventualmente devitalizzare denti sani.
2. permette il mantenimento dell’osso alveolare (l’alveolo è la cavità ossea che contiene il dente) che andrebbe incontro a riassorbimento in seguito ad estrazione dentaria. L’impianto infatti stimola e preserva l’osso come la radice del dente naturale.
3. permette il ripristino della capacità masticatoria, che diventa uguale a quella dei denti naturali, con conseguenti benefici nutrizionali-digestivi (soprattutto in pazienti portatori di protesi, dentiere)
4. Permette Il mantenimento delle normali funzioni muscolari facciali (nel caso di pazienti edentuli), con recupero di un aspetto più giovanile e naturale del viso.
E’ nell’interesse del paziente seguire scrupolosamente la tabella dei richiami fissata dal clinico, fornire notizie di eventuali cambiamenti dello stato di salute generale e mantenere una costante e corretta igiene domiciliare.
La condizione principale perché un paziente si possa sottoporre ad un intervento implantare è la presenza di una sufficiente quantità di osso. Per tale valutazione, oltre alle tradizionali indagini radiografiche (radiografie endorali, ortopantomografia), al paziente può essere richiesta la tomografia computerizzata (T.A.C.), che fornisce la rappresentazione precisa e tridimensionale della porzione di osso in esame.
Un’altra condizione basilare è che il paziente non sia affetto da parodontopatia in fase attiva (comunemente chiamata “piorrea”). Una diagnosi attenta ed una adeguata terapia parodontale permetterà di sottoporre ad interventi di implantologia anche questa fascia di pazienti.
Un altro fattore importante da considerare è il fumo. Recentemente sono state pubblicate ricerche che dimostrano come il fumo abbia un effetto negativo a livello parodontale ed impiantare. I pazienti che fumano più di 10 sigarette al giorno devono essere valutati con molta prudenza.
Un’altra condizione rilevante è che il paziente non sia affetto da patologie sistemiche non controllate farmacologicamente (quali il diabete, malattie del sangue). Tali malattie possono essere diagnosticate prima dell’intervento attraverso una attenta anamnesi (storia clinica del paziente), analisi ematochimiche (esami del sangue) e strumentali (radiografie, ecc.).
Nella maggioranza dei casi l’intervento può essere eseguito in anestesia locale, utilizzando anestetici appositamente sviluppati per la chirurgia orale. Il paziente non avverte alcun dolore. La sala operatoria viene adeguatamente preparata per poter eseguire un intervento di chirurgia orale in completa sterilità.
Viene prescritta una copertura antibiotica e farmaci analgesici-antinfiammatori in grado di controllare efficacemente l’eventuale insorgenza di dolore e/o gonfiore post operatorio.
Il passaggio dall’intervento chirurgico all’inserimento della protesi si articola in due o tre fasi, a seconda del caso clinico:
Fase 1 gli impianti in titanio vengono inseriti nell’osso mediante un intervento chirurgico; segue un tempo di attesa variabile che può andare dai due ai nove mesi per permettere all’impianto di osteointegrarsi
Fase 2 al termine del periodo di osteointegrazione con un piccolo intervento eseguito in anestesia locale, all’estremità dell’ impianto viene applicato un pilastro di guarigione, che affiora alla superficie della gengiva.
In alcuni casi clinici, la prima fase prevede il posizionamento dell’impianto e la connessione del pilastro di guarigione in un unico momento operatorio, per cui dopo l’osteointegrazione si procede direttamente alla fase protesica. Il chirurgo, dopo la fase diagnostica illustrerà quale tipo di operatività (una/due) sarà più adatta alla vostra situazione orale. In alcuni casi selezionati è possibile posizionare la protesi fissa provvisoria nella stessa seduta o definitiva qualche giorno dopo la fase chirurgica. Questa metodica si definisce “carico immediato“.
I rischi e le complicanze locali sono assai ridotti effettuando una diagnosi precisa ed utilizzando immagini radiografiche quali la T.A.C (Tomografia computerizzata). Tuttavia, operando in vicinanza di strutture nervose, può talvolta persistere per qualche settimana, al massimo qualche mese, un leggero senso di formicolio.
Il gonfiore non deve destare preoccupazione: tale “evenienza” è considerata normale nel decorso post-operatorio. La terapia farmacologica ne limiterà la formazione.
In caso di non adeguata attuazione delle necessarie manovre domiciliari di igiene orale o inosservanza dei controlli periodici stabiliti, gli impianti, così come i denti naturali, possono andare incontro a fenomeni di infiammazione causati dalla placca batterica e dal tartaro. Le infezioni batteriche (peri-implantiti) non trattate possono progredire fino alla perdita dell’impianto.
Al minimo fastidio o dolore, il paziente deve richiedere immediatamente una visita di controllo. Casi iniziali di peri-implantite sono facili da curare!
Esiste una rara possibilità di “fallimento impiantare”, che può verificarsi immediatamente oppure a medio lungo termine.
Il fallimento immediato (manca osteointegrazione dell’impianto prima della fase protesica) è un evenienza estremamente rara (dai dati pubblicati in letteratura gli insuccessi immediati rappresentano il 2-3% dei casi). Nel caso di riabilitazioni estese o di protesi fisse di più denti su impianti, in fase di programmazione chirurgico impiantare, la progettazione prevede un numero di impianti che consente di avere un “margine di sicurezza” su cui contare in caso di insuccesso di alcuni di questi.
Il fallimento a medio-lungo termine, può essere invece causato da un non corretto mantenimento dell’impianto. E’ fondamentale che il paziente si sottoponga a controlli periodici e che curi scrupolosamente la propria igiene orale. Durante la fase di mantenimento parodontale ed impiantare il paziente oltre alle normali procedure di igiene professionale sarà sottoposto ad uno scrupoloso controllo clinico degli impianti ed una volta all’anno ad un controllo radiografico.
Il danno biologico residuo nel caso di un fallimento impiantare con i moderni impianti è inesistente. La perdita dell’impianto è paragonabile all’estrazione di un dente monoradicolato (ad una radice), e non pregiudica la possibilità di posizionare un altro impianto immediatamente o dopo guarigione avvenuta (dopo 2-3 mesi).
Quando un impianto si è osteointegrato con l’osso non c’è limite alla sua durata, a patto che il paziente mantenga una scrupolosa igiene orale domiciliare, si sottoponga a controlli periodici e la riabilitazione si esegua nel rispetto di corretti parametri tecnici.
Le soluzioni alternative agli impianti sono:
Nessun trattamento, tuttavia, in alcuni casi, la perdita di anche un solo elemento dentario può causare problemi estetici e funzionali con conseguente squilibrio a livello dell’apparato masticatorio, derivato dall’inclinazione o movimenti degli elementi vicini.
Protesi totali, in molti casi, in modo particolare a livello della mandibola, la stabilità delle protesi totali è insufficiente a causa dell’atrofia della cresta alveolare edentula (dell’osso dove mancano i denti).
Le protesi totali, inoltre, trasmettono il carico masticatorio direttamente sulle creste edentule, provocando un lento e progressivo riassorbimento dell’osso. Tale riassorbimento può, a lungo termine, rendere più difficoltoso il trattamento mediante impianti osteointegrati. In alcuni casi selezionati si possono inserire dei mini-impianti come supporto per stabilizzare le protesi totali.
Protesi parziali rimovibili ancorate ai denti residui, chiamati Scheletrati, inevitabilmente, trasmettono un ulteriore carico ai denti naturali residui ai quali si ancorano. Inoltre, come le protesi totali, trasmettono direttamente il carico masticatorio alle selle edentule (zone dove mancano i denti) accelerandone l’atrofia.
Ponti fissi, in caso di perdita di un singolo elemento con denti vicini sani, il trattamento con un impianto, che supporta il dente mancante al posto del tradizionale ponte a tre elementi, permette di evitare la preparazione protesica (limatura) dei due elementi dentari sani vicini.